CONTRORDINE La tribù senza fuoco
ALESSANDRO ROBECCHI
Non so come abbia votato Giovanardi (o Casini, o la Santanché) al referendum sul fuoco.
Probabilmente era per l’astensione: che diritto abbiamo di modificare il volere di dio? Se dio voleva darci il fuoco,
mica lo metteva nei vulcani. Grandi parole di etica che rimbombarono nel pleistocene, un milione e mezzo di anni
fa, e anche allora se accendevi Raiuno, in onda c’erano quasi solo preti. Gli scienziati che facevano ricerca sul
fuoco andarono a lavorare in America, in Francia, in Svizzera. La tribù di Giovanardi se ne restò al freddo e al buio,
mangiando cervi crudi per ancora qualche centinaio di anni, chiacchierando di filosofia con Pera e Buttiglione.
Poi, visto l’avanzare delle glaciazioni e la noiosa conversazione, tolse il disturbo battendo i denti. Il problema
di come fermare la ricerca scientifica si è posto spesso, in tutte le epoche. Probabilmente quelli che chiedevano l’abiura a Galileo non erano né meglio né peggio del direttore del Foglio. Oltre alla Storia, ci sono le storie. Fu la pressione di Nancy Reagan a far cambiare idea ai repubblicani americani sulla ricerca con le staminali: bisognava trovare cure per l’Alzheimer che uccideva Ronnie.
Tutti i malati poveri dovettero ringraziare per l’esistenza di un malato illustre. Il fatto è che se non si fa qui, perché Giovanardi e i preti non vogliono; si fa a 200 chilometri di distanza. Meno di un’ora di volo e oplà, c’è il fuoco, la terra è rotonda, alcune malattie si curano con la ricerca sulle staminali adulte e presto si saprà se le cellule embrionali sanno fare ancora meglio. Da qualunque parte la si guardi la battaglia astensionista e le sue truppe di supporto teorico sembrano davvero gli ultimi giapponesi nella giungla. Non si è mai ricordato, infatti, che si impedisse alla scienza di fare qualcosa che tecnicamente era possibile fare. Alcune lobby religiose, alcuni poteri forti, hanno frenato, rallentato, messo i bastoni tra le ruote. Ma poi, all’apparir del vero, non c’è niente da fare: la terra ruota intorno al sole, uno può anche aspettare 350 anni parlando d’altro, ma poi è costretto a chiedere scusa. Il proibizionismo, insomma, non paga mai, ma può fare tanti danni. Per esempio, nel caso nostro, creare l’embrione di classe, cioè impedire o rendere molto difficile a tutti una cosa che invece gli alti redditi potranno permettersi. Non solo la procreazione assistita, accessibile solo a chi può spendere e viaggiare, ma anche la cura di alcune malattie, che saranno curabili dove si è fatta ricerca e resteranno incurabili dove la ricerca non si è fatta. I teorici astensionisti di matrice ex-laica dicono dunque che noi odiamo i malati, che non li vogliamo nemmeno mettere al mondo. Non ci spiegano però come mai la sterilità sia in così netto e spaventoso aumento e quando gli parli di inquinamento e declino delle condizioni del pianeta, ti dicono che sono tutte balle.
La malafede è palese, a volte in modo anche divertente. Certe signore rifatte col bisturi dalla testa ai piedi evocano lo spettro Frankenstein. Certi pluridivorziati si sbracciano per l’unità della famiglia cattolica. Cosa li spinge, sapendo che i loro tabù pseudoreligiosi verranno spazzati via nel giro di uno, due decenni di ricerca? La risposta è molto semplice: il potere. Il giochetto ardito del cavalcare una tigre oscurantista per resistere ancora un po’ agganciati al carretto di quelli che contano. Il riposizionarsi con il vento che tira, l’iscriversi alla parrocchietta neo-con. Con l’assicurazione che i diritti dei ricchi non si toccano. Comunque vada oggi e domani (e speriamo che vada), qualcuno dovrà poi passare a raccattare i cocci, le macerie umane e morali lasciate in giro dai mullah dell’astensione. (alessandro robecchi)