e dopo quasi un mese e mezzo in cui l’attività preminente è stata “aspettare”: preparandosi mentalmente e spiritualmente alla reazione di rendi conto che l'”aspettare” poichè si può protrarre senza che tu abbia modo di influenzarlo, può diventare un’attività in background
perchè si è imparato a essere pronti a scattare, e tutte le cose che sono state messe da parte non vuoi più che aspettino.
quindi si può “aspettare” in back ground mentre si iniziano a fare quelle cose che si sono accantonate.
Credo che l’attesa sia una condizione costante del vivere umano.
Pensare che un giorno le cose si risolveranno e che un giorno non dovremo più aspettare è un illusione..
Ma va bene così! L’attesa è la spinta che ci fa andare avanti 😉
a proposito di attese e quindi di pazienza, ogni tanto mi chiedo veramente CHE COSA io debba ancora dimostrare a CHI. Che io abbia pazienza, ormai dovrebbe esser noto a tutti, in cielo e in terra. Sono anni che l’attesa, di varie cose diverse nel tempo, è diventata per me una condizione abituale e permanente. Il dramma è che (proust, di nuovo) se e quando quello che ho tanto atteso finalmente arriva, è passato così tanto tempo o sono successe così tante cose che non mi interessa più. Oppure, se continua ad interessarmi, vuol dire che è ancora lontano dall’arrivare. Tutto bene, tutto logico, tutto giusto: ma insomma, non si potrebbe cambiar sceneggiatura ogni tanto? Uff.
mi sono persa verso metà della seconda riga ^_^ marta sta cantando ‘Joy to the world, the Lord has come!’
Aspettare è difficilissimo, e faticosissimo. :*
quindi questo novembre abbiamo:
– imparato ad aspettare
– imparato che aspettare e basta è una perdita di tempo
– deciso che si poteva anche fare quello che si aveva accantonato
– smettere di fare le cose accantonate e poi riprese, perche l’attesa era finita.
che fatica. 🙂
grazie per il diagramma
un abbraccio