london day one – ovvero: la mia banca e’ perversa.

ovvero:
della notte in cui dormii con due piumoni, avendo di quando in quando un po caldino, 
della mattina in cui dopo aver visitato banarepublic, liberty, marks and spencer, e uniqlo, in quel di gap – dove stavo facendo incetta di tutine per bambini – la carta di credito ha smesso di funzionare.
di come, provando ad andare a casa, ho sbagliato treno e sono finita a ORPINGTON;
della telefonata con il funzionario della mia banca – la mia banca e’ perversa – che mi spiegava che a lui la carta di credito mastercard risultava perfettamente funzionante e non bloccata o nemmeno clonata;
di come il bancomat mi ha salvato i nervi e ho potuto portare a termine la mia missione; 😉
di come, questa sera cenero’ viet e poi andremo all’ hippodrome, in centro.

ecco e tutto questo in una sola giornata, alla faccia della vancanza!!!!

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Il Post Sotto L’Albero

il Sir è fenomenale nella pazienza e nella caparbia con cui ci incoraggia e minaccia a scrivere il psla – che vi ricordo è un’iniziativa aperta a chi vuole partecipare. Il mio post non è esattametne quello che desideravo scrivere, ma è quello che mi è uscito quando mi sono messa lì…

lo trovate dentro questo pdf, per i pigri è qui sotto: – non lo trovavo nelle emails inviate, l’ho dovuto copio incollare dal pdf.

O è Natale tutti i giorni, o non è Natale mai

Non lo sai mai veramente fino a che non ti capita: che la vita ti piombi addosso mentre tu stai pianificando altro.
Che le precedenze vengano stravolte e che l’unica cosa che importi sia la sospensione di tutto per La
Manutenzione Del Corpo Macchina.
Il corpo come macchina è quello che viene curato all’ospedale dove le priorità sono : tagliare, cucire,
asportare, curare, niente febbre, pipì, cacca, aria dalla pancia, digiuno, dieta liquida, semiliquida,
senza scorie, leggera in bianco.
Persone stravolte che dicono “è stata senza mangiare 3 giorni”: perche non ci capacitiamo che ci si
possa stare o anche senza bere.
Perche’ il corpo macchina lavora e si ricuce e ha bisogno delle viscere vuote.
Siamo mediamente impreparati, perchè il corpo è il substrato fisico che diamo per scontato. Ci
affanniamo su cremine, cerette, cellulite, capelli bianchi, rughe.
Quando poi malori silenti, dolori vari, influenze ci colpiscono allora ci ricordiamo cosa siamo: un
mucchio dolente di cacca e muco che agonizza….
Siamo impreparati, dicevo, al cedimento del corpo e della testa: come dei guidatori in viaggio con
un’auto che non conosciamo, di cui non abbiamo mai considerato la meccanica e la chimica, in
viaggio con grandi obiettivo, grandi mete da raggiungere, in balìa di un qualunque imprevisto.
E quando l’imprevisto capita: chimico, fisico, o meccanico tutto si riallinea in una prospettiva diversa
E ogni momento è poi un natale: un sorriso, una telefonata, una giornata bella, stare a casa tranquilli
a ridere, o anche in silenzio.
Capire cosa è veramente importante e chi vuoi veramente vicino.
Capire per chi si è veramente importanti e chi sa starti vicino.
O è Natale tutti i giorni, o non è Natale mai.

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dopo un impegnativo secondo tempo: 2-0, palla al centro

stamattina è finito il secondo tempo, l’arbitra c’ha mandato negli spogliatoi, con una frase di quelle che improvvisamente ti tolgono un macigno dallo stomaco.

e improvvisamente ho avuto voglia di saltellare una tarantella, canticchiare una melodia, ho sentito il sole, adorato la pioggia, respirato l’inquinamento della città come fosse la cosa più bella che c’è.
e poi un Caro Amico m’ha fatto capire che devo essere felice per quello che sono, anche se sono “bella e scontrosa”

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al 20esimo piano

da lunedi è come e io abitassi al 20esimo piano.
l’ascensore è in manutenzione.
per arrivare al 4° piano sono 62 gradini: li percorro salendo e scendendo 5 volte al giorno, oggi che devo anche andare a fare un po di spesa, saliamo a 6.

4 piani per 5 volte = 20. ecco è come se mi fossi strasferita al 20esimo.

spero che per domani almeno questa cosa vada a posto, che Pepe tutte le volte che lo porto fuori si fa trascinare sul bordo della rampa e mi guarda MALISSIMO.

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guess what? 2p

5 volte a scendere
5 volte a salire

– continua –

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guess what? 1p

62

è la risposta. a voi formulare la domanda. voi provate, poi io vi racconto cosa c’è dietro….

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il vento a milano

i milanesi non sono abituati al vento.
date 36 ore di vento da nord = phon , su milano, e gli abitanti non parleranno di altro. c’è vento, fa freddo, il vento è freddo, il vento è gelido – c’erano 9 gradi – era fresco, gelido è tutto un’ altra scala di valori.
col vento i milanesi si trasformano nella peggior razza di londinese: quelli che parlano solo del meteo. 😉

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“are you ready for this?”

c’è il rome barcamp 2008, e io non mi sono preaparata, che aspettavo, come dicevo.
e poi mi sono  ammalata, ma sono guarita e mi sono detta: dai parti venerdi al volo. e poi no, sono stanca, dai resto, mi risposo.

e alle 13 oggi ha telefonato il chirurgo con gli occhi azzurri, che ha chiesto:
“come sta mamma?, è pronta?”
“si”
“ecco allora vediamoci domani mattina, alle 8:30”.

e allora sai che sei pronta a scattare, che questo è il momento, che sai gia come si corre, che erano 3 settimane che ti preparavi.

quindi da domani si ricomincia.
tutto il resto, più o meno lo sappiamo.

l’audio ideale direi che è questo

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epifania del martedi mattina

ovvero: mentre indossi le calze a righe nei toni di viola e i pantaloni neri, mi rendo conto che

la liscezza è un feedback.

motivato dall’istinto di autoconservazione

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esperire l’aspettare

e dopo quasi un mese e mezzo in cui l’attività preminente è stata “aspettare”: preparandosi mentalmente e spiritualmente alla reazione di rendi conto che l'”aspettare” poichè si può protrarre senza che tu abbia modo di influenzarlo, può diventare un’attività in background

perchè si è imparato a essere pronti a scattare, e tutte le cose che sono state messe da parte non vuoi più che aspettino.
quindi si può “aspettare” in back ground mentre si iniziano a fare quelle cose che si sono accantonate.

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G8, ecco la foto del poliziotto che portò le molotov dentro la Diaz

QUI la galleria della ricostruzione fotografica

l’articolo si intitola : Diaz, l´ultima immagine dello scandalo ecco l´uomo che porta le molotov

copio e incollo in testo dell’articolo che , non si sa mai.

In una ricostruzione della Bbc si vede un uomo che introduce nella scuola le bottiglie incendiarie
di Massimo Calandri

Eccola la fotografia-simbolo di quella notte maledetta . Inedita. Oscura. Inquietante. È stata estrapolata da un filmato girato da un operatore Rai e depositato dalle parti civili il mese scorso. Nel mosaico riportato qui a fianco, è il quadrato sulla destra in alto. Si riconoscono il cortile della scuola Diaz, le sagome dei funzionari di polizia che si allontanano dopo aver chiacchierato a lungo intorno al sacchetto azzurro con le due bottiglie incendiarie. Sullo sfondo le grandi finestre dell´istituto, le stanze illuminate. E a sinistra – piccolino, cerchiato di rosso – il profilo di un uomo sulla soglia dell´ingresso laterale. È di spalle, in borghese, indossa un casco protettivo. Nella mano sinistra stringe qualcosa. Sì. È il sacchetto azzurro delle molotov. Accanto riporta una didascalia in inglese, perché l´immagine fa parte di un´inchiesta giornalistica della Bbc di prossima pubblicazione: «Naples Digos Inspector entering Diaz Pertini». Si tratta cioè del fantomatico ispettore della Digos di Napoli che introduce materialmente nella scuola le molotov della vergogna, una della prove fasulle – la “regina” delle prove false – con cui la Polizia di Stato avrebbe voluto “giustificare” il massacro e le manette ai 93 no-global.

GUARDA Le immagini incriminate

Il documento è paradossalmente eccezionale. Perché da un lato rappresenta il punto di non ritorno della vicenda: ecco come le forze dell´ordine hanno truccato le carte, barato, mentito fin dalla prima ora di quella notte dannata. È tutto vero: fu un pestaggio cinico e bestiale, e i servitori dello Stato preferirono raddoppiare l´orrore – aggiungendo alla carneficina l´ingiustizia della prigione – piuttosto che ammettere le proprie responsabilità, il fallimento. Ma d´altro canto, quella spaventosa bugia è così chiara, solare, che persino alcuni avvocati della difesa nella loro recente arringa la davano per scontata. Alla Diaz abbiamo imbrogliato, embé? La catena è stata definitivamente ricostruita nel corso di quasi quattro anni di dibattimento e centocinquanta udienze.

L´agente Michele Burgio prende le due molotov – che erano state sequestrate nel pomeriggio durante gli scontri di corso Italia dal vice-questore Pasquale Guaglione, e da lui affidate a Valerio Donnini, padre degli specialissimi nuclei anti-sommossa e capo di Burgio – e nel cortile della scuola le consegna al vice-questore Pietro Troiani. Il funzionario le mostra al collega Massimiliano Di Bernardini. Poi entra in ballo Gilberto Caldarozzi, l´uomo che qualche anno dopo avrebbe partecipato alla cattura di Bernardo Provenzano. Qualche minuto più tardi, il sacchetto azzurro delle molotov è impugnato da Giovanni Luperi e mostrato agli altri super-poliziotti che gli si fanno intorno. E questa, di immagine, la conosciamo bene. Quello che succede dopo ce l´hanno raccontato gli stessi protagonisti in negativo del blitz. Luperi, attuale direttore dell´ex Sisde, ricorda di aver chiamato una funzionaria che stava all´esterno della scuola. Perché mai? Per affidarle il reperto, che pure in quel momento – visti gli sviluppi successivi – aveva una straordinaria importanza investigativa. Bene: Luperi chiama Daniela Mengoni e le dice di avere cura delle molotov. E la Mengoni che fa? A sua volta chiama un sottufficiale. «Credo fosse un ispettore della Digos di Napoli».

Credo, dice. Non ne conosce il nome, non è in grado di riconoscerlo. Nessuno degli ispettori Digos napoletani, rintracciati anni dopo dai magistrati, corrisponde a quello indicato dalla donna. E dunque, con lui e il sacchetto si avvicina all´entrata secondaria della scuola Diaz. Chissà perché. Si avvicina, e gli affida la prova «regina». Le molotov, che il nostro codice equipara ad armi da guerra. La prova intorno alla quale avrebbero poi giustificato l´intera operazione. «Tienile un momento, che devo fare una cosa». Lo molla lì. Quando torna, le bottiglie incendiarie saranno allineate sul lenzuolo che ospiterà il resto dell´”arsenale” sequestrato ai fantomatici Black Bloc della Diaz: i coltellini multiuso, le sottile anime in alluminio degli zaini fatte passare per spranghe, gli assorbenti femminili, la biografia del reverendo Jesse Jackson fatta passare per materiale “eversivo”. E i picconi, le mazze rubate da un vicino cantiere.

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speranze politiche

vorrei che l’italia avesse le stesse speranze, in politica, come quelle che hanno in queste ore negli usa.

Qui il toccante post di Joshua Levy su questo election day

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5 anni

oggi il blog compie 5 anni:

questa cosa, che mi sono chiesta per mesi, prima di aprire, se sarei stata in grado di non mollare a metà.
se ripenso a quante cose ho detto, a quante persone ho conosciuto, e quante di queste sono diventate Amici ma non ci sono tutte nel blogroll che è indietrissimo, come i panni da stirare.
alle cose e persone e temi che ho incontrato, sfiorato, guardato, compreso, intuito, provato a capire.
Grazie a tutti voi: a chi ha letto, commentato, criticato costruttivamente, condiviso, sorriso, scritto una mail per farmi sapere che c’è.

avete reso il mio mondo un pochino più ampio,
avete reso il mio mondo un pochino piu caldo.

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meraviglioso post di leonardo

ho visto dal vivo leonardo per la prima volta a riva del garda.
mi ricordo i sui occhi vivi e il suo bel sorriso timido.

la chiusa del suo post di oggimi piace particolarmente

“Forse avrei dovuto dirglielo, che il citofono è morto.
(Lo ha ucciso twitter).”

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The sensation of speed has become rhythmical as we muscle over the waves

provare a intuire l’ignoto:
il post di oggi del Media Crew Member – Mark Cowell –  di Team Russia fa venire i brividi:

One from the deep

October 28 2008

On Board RUS -1 Kosatka Team Russia

On a long voyage you become accustomed to your environment around you. The watch system shapes your days, four on four off four on four off. The freeze-dried food you eat tastes the same as it did the day before and the day before that. The clothes you put on all have the same logo as the one you put on yesterday and the one you put on the day before that. It all smells the same; it all has that musty damp sailing bag, man smell. The definitive goal, to win the leg, to beat the opposition, to push hard to the horizon, never changes.

The sensation of speed has become rhythmical as we muscle over the waves. Sharp pull to the left, hold, lunge forward, small smile to ones-self as in respect to the power under your feet and the faith we have in this craft. The bow fires down the wave face, judders as we accelerate up to the high twenties, force forward as we plow into the wave ahead and decelerate, sway right and climb the back of the wave with a kind “I’m come through like it or not” feeling and into the circle again.

This is translated into different forces on your body whether you are in your bunk or hanging on the grinder handles or on the bow battling the spray and deck wash, or even gripping the media desks slippery shiny carbon edge as I try to tap out a Blog using only one hand. You have conversations with other crew all doing the same strange sway, bob and totter. Filmed by a fixed camera held stationary on the bulkhead people look like they are performing an exotic courtship dance.

The waves fly by as if in an aquatic tube coming into a station with blue waves instead of billboards. Occasionally, you focus on the leeward wash as it grabs your eye and forces it to follow through to the water exiting the transom. The torrid waves that the bow eats up are spat out behind us, washed and ironed, cleaned and pressed -good enough for Neptune’s Sunday best.

The shear power of these boats becomes an extension of the crew that operates them. One finger can cant tones of swinging lead to unleash yet more power. The words you learned at school in a physics lesson and never meant that much to you now bring new meaning. Words like Kinetic, Potential, Inertia and Dynamic Loads all start represent something tangible on board.

This trip is slowly stripping me back. I’m seeing things in a very uncluttered way, almost child like, without preconceptions, very mater-of-fact. Strangely, I’ve been waking up from heavy sleep in the fetal position curled round the beanbag with the sound of the ocean around me. On a long voyage you become accustomed to your environment around you, as if you have lived here forever.

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